Il nuovo articolo per la mia rubrica La vite di Archimede su Il Resto del Carlino, La Città affronta due aspetti diversi, ma fondamentali della situazione che stiamo vivendo. Consigli pratici e teorici per affrontare la fase due grazie al contributo del Direttore dell’Accademia di Belle Arti e Design Poliarte di Ancona, Giordano Pierlorenzi, e della Dott.ssa Ilaria Peppoloni, Docente di Fenomenologia e Psicologia della Forma e del Colore presso l’Accademia di Belle Arti e Design Poliarte di Ancona.
Il design per la fase due
A proposito di distanziamento sociale Tutto è riconducibile alle categorie spazio-temporali, affermano la filosofia greca e quella scolastica medioevale, o più semplicemente alla geometria euclidea. Il problema delle relazioni sociali improntate alla distanza più che alla vicinanza mi suggerisce riferimenti diversi come la psicologia topologica di Kurt Lewin degli anni ‘30 che parla dell’uomo come forza vettoriale che occupa spazi tangenti o secanti con gli altri uomini, la prossemica di Edward T. Hall negli anni ‘60 e, infine, l’antropologia ecologica di Thimoty Ingold. Tutti questi studiosi trattano di relazioni spaziali e delle dinamiche, diventate abitudini, che gli uomini determinano tra loro all’interno dei diversi contesti. Il Covid-19 ci impone di superare le geometrie relazionali abituali per assumere comportamenti responsabili finalizzati alla salute, alla sicurezza e al benessere. È un dovere civile da parte dei cittadini ed è dovere dei designer aiutarli a tale cambiamento anticipando progetti ambientali che facilitino comportamenti proattivi in casa, sul lavoro, nello svago e in ciascun altro ambiente.
Il merito del design nelle situazioni di grande trasformazione Il design inteso come Gestaltung, progetto totale, è un metodo di risposta a un problema o a un bisogno, anzi, per dirla con Bruno Munari, è la risposta e non una approssimativa. Per affrontare il cambiamento, necessario di fronte a calamità come quella che stiamo vivendo, è certamente il modo migliore perché considera nell’insieme (Gestalt) le variabili umane, quelle tecnologiche e quelle ambientali in una concezione armonica in cui anche i fattori temporali, economici ed ergonomici, ovvero di salute, sicurezza e benessere trovano posto.
Il contributo del design, dell’ergonomia e della psicologia nella “Fase due” La vicinanza, così come la concepiamo noi italiani, ovvero il rapporto prossemico di privacy che secondo Edward T. Hall corrisponde alla “distanza intima” (da 15 a 45 cm), dovrà essere una distanza controllata e controllabile. Le effusioni a cui siamo abituati dovranno essere necessariamente rivedute e corrette. La nostra Accademia di Belle Arti e Design Poliarte di Ancona sta già studiando nuovi paradigmi di Interior Design e Industrial design per poter vivere in protezione la socialità: pannelli parafiato, layout di postazioni sinusoidali, barriere mobili, tute ergonomiche di protezione, mascherine disegnate, ecc. Tutti dispositivi che vanno corrisposti al bisogno contingente, ma anche carichi di valenze ludiche o estetiche per alleggerire l’atmosfera del momento con un po’ di humor. Il clima psicologico di un ambiente è lo scopo di ciascun progetto: Enzo Spaltro, psicologo ed ergonomo mio maestro, insegna che ogni persona deve sentirsi a suo agio ovunque, cercando non solo il proprio benessere ma il “bellessere”, ovvero la speranza di benessere in continuum. Vanno evitate nella fase due soluzioni progettuali di cattivo gusto o di controdesign, come gli ombrelloni con recinti di plexiglass, che rafforzano la paura. Occorrono invece progetti che facciano leva sul senso di responsabilità di ciascuno: del progettista, dell’azienda e dell’utente che li utilizzerà.
Le nuove distanze sociali diverranno parte integrante del nostro modo di essere Per la nostra cultura latina del prandum e del post prandum, che caratterizzano ancora le sfere prossemiche del privato e del personale, l’attuale necessario distanziamento provoca inibizioni e frustrazioni in quanto implica non solo il cambiamento comportamentale, ma incide sul senso di identità e di civiltà. Ovviamente non si riuscirà in poco tempo a scalfire un sentire e un modo di essere sedimentato e metabolizzato nei secoli, ma il COVID lascerà una traccia profonda il cui portato antropologico e psicologico potrà essere compreso realmente solo in tempi lunghi. Rimane il fatto che oggi la paura del contagio mette in crisi la spontaneità nei giovani, preoccupati per il futuro, non solo per le incertezze circa studio e lavoro, ma per la socialità da vivere sotto la minaccia di reiterate, possibili pandemie. Certo, la creatività è l'antidoto alla paura e i giovani sapranno, attraverso il design e le arti, trovare certamente ottime soluzioni.
Una nuova percezione della propria identità personale e culturale Il progettato, ossia ogni oggetto o sistema realizzato attraverso un processo di design, da sempre ha una doppia valenza: di strumento in quanto utensile legato a una funzione e di strumento pedagogico che stimola e promuove nuovi comportamenti. In questa fase 2 fondamentale sarà riacquisire fiducia e sarà possibile facendo leva non tanto su rigidità e paura bensì, appunto, sulla creatività e sull’aspetto ludico. L’ironia di cui parla Socrate, la capacità di giocare, di riderci su, va recuperata e usata ora. È su questo che il design deve concentrarsi sollecitando la proattività dell’utente in una funzionale compliance per la ripresa della socialità. Gli esempi di questi giorni di “reclusione domestica”, l’uso delle piattaforme digitali per concerti da remoto, tombole di condominio con presenze sui balconi, smart working, smart learning, sono iniezioni di coraggio e di speranza. È la prova della grande creatività umana che usa senza saperlo la sinestesia evocativa, ovvero la capacità di rievocare sensazioni tattili impossibili da ottenere ora, attraverso l’uso più intenso della vista, senso opposto e complementare del tatto.
Prof. Giordano Pierlorenzi
LA FASE 2 E L’ELABORAZIONE DEI LUTTI “SOSPESI”
La cronaca dell’ultimo mese è stata letteralmente invasa da notizie di decessi senza riti funebri e si ha come l’impressione che le persone siano scomparse nel nulla… Con il nuovo DPCM del 26 aprile 2020 sulla fase 2 per emergenza COVID-19 il Presidente del Consiglio ha autorizzato la ripresa delle cerimonie funebri seppure con delle restrizioni e, anche a chi finora è stato negato, sarà data la possibilità di celebrare il funerale. Normalmente l’elaborazione psicologica del lutto passa attraverso i riti funebri e il supporto sociale di familiari e amici ma, in questo periodo, tutto questo ci è stato negato o sottoposto a forti limitazioni. L’assenza di un corpo su cui piangere, del supporto sociale, della ritualità complica l’elaborazione del lutto. Le cerimonie funebri ci permettono, infatti, di dare un ultimo saluto al defunto e soprattutto di rendere reale la perdita. Rappresentano un vero e proprio rito di passaggio che consente di scandire il lutto e la sua elaborazione nella mente degli individui. Il rischio concreto è di non riuscire a prendere atto dell’accaduto e fissarsi nella fase di negazione, la prima fase dell’elaborazione del lutto. Di importanza cruciale è anche il supporto sociale dei familiari e degli amici, anch'esso venuto meno in questo periodo a causa delle norme di distanziamento e isolamento dovute alla pandemia.
Come possiamo prendere consapevolezza della perdita e consolarci?
L’importante è non sentirsi soli. Anche in assenza della vicinanza fisica, possiamo chiamarci e anche videochiamarci, possiamo far sentire vicinanza anche a distanza, possiamo creare delle ritualità personalizzate con delle foto e dei racconti del defunto, ritrovarsi anche a distanza, per esempio in videochiamata e ricordare insieme la persona cara. È importante condividere il dolore e prendere atto della realtà. La nostra società spesso esclude la dimensione della morte cercando di farla diventare una cosa lontana da noi, come nel caso dell’hashtag di questo periodo “Andrà tutto bene”. È inutile tentare di ignorare la morte, è importante certo anche darsi una speranza ma si deve imparare ad accettare la realtà per non rischiare di rimanere fissati nella fase di negazione.
Il 4 maggio sono ripresi i riti funebri, sempre mantenendo il distanziamento sociale e con solo i familiari stretti, anche per chi non ne ha avuto la possibilità prima. Risulta comunque importante cercare di allargare il supporto sociale anche agli amici e ai parenti meno stretti che potranno mostrare vicinanza anche a distanza e partecipare a dei momenti di rito alternativi per ricordare insieme il defunto e stringersi virtualmente nel dolore.
Dott.ssa Ilaria Peppoloni