Un rapporto degli USA ha analizzato come la Cina sia in grado di manipolare i mezzi di comunicazione di tutto il mondo a proprio vantaggio.
Nel mio articolo per Agenda Digitale capiamo come sarebbe possibile
A fine settembre il Dipartimento di Stato USA ha pubblicato il report “Global Engagement Center Special Report: How the People’s Republic of China Seeks to Reshape the Global Information Environment” (Rapporto speciale del Global Engagement Center: Come la Repubblica Popolare Cinese cerca di rimodellare l’ambiente informativo globale) in cui svela a l'ecosistema informativo globale messo in atto dalla Cina.
Come la Cina manipola il panorama informativo globale
Per farlo la Cina ricorre alla propaganda e alla censura, promuove l'autoritarismo digitale, sfrutta le organizzazioni internazionali, ricorre a cooptazione e pressioni e, ovviamente, esercita il controllo sui media cinesi. Portando a compimento questi passaggi, la Repubblica Popolare Cinese potrebbe controllare i media globali, considerando che è già molto brava nel nascondere argomenit spinosi, come Taiwan o i diritti umani. Per raggiungere questo obiettivo investe già miliardi di dollari.
L’influenza sui media esteri
Secondo il report, l’emittente locale China Central Television fornisce gratuitamente video e sceneggiature televisive a 1.700 organizzazioni giornalistiche e media stranieri, che, molto spesso, vengono modificati per le emittenti locali nascondendo la provenienza dall’estero. In Thailandia, invece, la RPC ha creato una filiale locale gestita da cittadini thailandesi e ha acquistato il sito di notizie thailandese più popolare. Con questa tecnica, applicata anche in altri paesi, controlla non solo i contenuti, ma anche i canali visibili o meno. Parlando di social media, la Cina ha diffuso, tramite quasi un centinaio di influencer, messaggi ufficiali in 24 lingue, raggiungendo oltre 11 milioni di follower in decine di Paesi.
L’influenza sulla libertà di espressione
La Cina ha il controllo anche sulla libertà di espressione. Secondo l’organizzazione non governativa spagnola Safeguard Defenders, ci sono 100 stazioni di servizio di polizia legate alla Cina in 53 Paesi che oltre 1.000 account a favore della RPC hanno tentato di insabbiare. Inoltre, nel 2021 il Centro nazionale di sicurezza informatica della Lituania ha scoperto che i telefoni cinesi Xiaomi censuravano 449 frasi con una funzione inattiva nei telefoni presenti in Europa, ma attivabile da remoto. Altri strumenti sono WeChat e WeiXin, applicazioni molto usate dai cinesi in tutto il mondo, le cui comunicazioni al di fuori dei confini cinesi sono sorvegliate e moderate censurando i contenuti sensibili secondo la RCP.
Una nuova comunità di autoritari digitali
La Cina utilizza anche i cosiddetti ecosistemi digitali: a giugno 2021 163 progetti di smart city e pubblica sicurezza globali figuravano al loro interno aziende cinesi con sedi operative nello Xinjiang. A questo si aggiungono Huawei, i cui sistemi sono stati utilizzati dai governi stranieri a supporto delle forze dell’ordine e per le intercettazioni di comunicazioni elettroniche e la localizzazione dei cellulari dei membri dell’opposizione politica nazionale, e ByteDance, proprietaria di TikTok, che blocca costantemente l’accesso alle sue piattaforme ai potenziali oppositori della RPC.
I possibili impatti
La manipolazione delle informazioni della Cina potrebbe causare la riduzione della libertà di espressione globale in tutto il mondo. Per il momento, i tentativi nei confronti dell'Europa non sono andati a buon fine.
Fonte: Agenda Digitale