La protezione delle infrastrutture critiche, soprattutto quelle sottomarine, è sempre più rilevante, considerando che secondo Eurispes il rischio di sabotaggio dei cavi sottomarini è ancora alto. Il punto nel mio articolo per Cybersecurity360
Nell'attuale contesto geopolitico delicatoi, Eurispes, l’Ente privato italiano che opera nel campo della ricerca politica, economica e sociale, ha pubblicato il suo Rapporto Italia 2023 in cui ha esposto il rischio di sabotaggio che potrebbe interessare i cavi sottomarini.
Nel 2022, i cavi sottomarini sono diventati oggetto di maggiore controllo e monitoraggio per rafforzare la prevenzione di possibili attacchi, insieme alle infrastrutture del settore energetico del Nord Africa. Infatti, queste infrastrutture trasportano la quasi totalità di tutti i dati a livello mondiale (il 97%) e si estendono su un totale di 1,2 milioni di chilometri di lunghezza (solo il cavo internet Asia-Africa-Europa-1 copra 25mila chilometri sul fondale marino, da Hong Kong a Marsiglia).
Cavi italiani a rischio sabotaggio
La stretta sulle acque italiane, in alcune zone specifiche come il canale di Sicilia, si spiega con la carente diversificazione degli approdi dei cavi che arrivano o partono dal nostro Paese, che rappresenta un rischio per la sicurezza e la continuità delle connessioni.
Infatti, risulta che i 25 cavi localizzati in Italia sono sparsi in soli undici luoghi e il 60 per cento di essi atterra in tre città, ossia Mazara del Vallo, Catania e Bari. La Sicilia, in particolare, rappresenta “il centro della connettività del Paese”, dato che le sue coste attraversate dai network regionali e da quelli globali.
In generale, i cavi sottomarini che attraversano i mari italiani sono tutti di rilevanza locale, regionale e globale, alcuni partono dall’Italia, altri vi finiscono e altri ancora sono di passaggio.
A Nord-Est troviamo il cavo Italia-Croazia, progettato nel 1994; sulla costa adriatica il cavo che passa per Bari che ha diverse diramazioni; un cavo collega la città greca Aethos e Otranto; sulla costa tirrenica abbiamo il Janna, il cavo con entrambi i capi in territorio italiano che da Civitavecchia arriva a Olbia, per poi giungere a Cagliari fino a Mazara del Vallo; infine, altre due infrastrutture importanti sono a Genova e a Savona.
Il nostro Paese è, quindi, parte integrante del sistema della rete globale e per questo motivo il rapporto Eurispes parla di “triplice minaccia” per l’Italia”, evidenziando che i cavi sottomarini sotto i nostri mari sono esposti al rischio di “danneggiamenti fortuiti dovuti ad alcune tecniche di pesca”, “sabotaggi compiuti a terra nei punti di attracco dei cavi” e “attacchi cibernetici alle infrastrutture informatiche dei paesi coinvolti nel conflitto ibrido con Mosca”.
L’importanza dei cavi sottomarini
550 cavi sottomarini, 1,2 milioni di chilometri di lunghezza, 97 per cento del traffico internet mondiale. Sono oltre cento gli incidenti che ogni anno subiscono queste infrastrutture della comunicazione, dovuti al mare o alla navigazione.
Solitamente sono fatti di fibre ottiche ricoperte da gel di silicio, rivestite in vari strati di plastica, cavi in acciaio, rame e nylon e anche se molti di loro si trovano sulla terraferma, il fondale marino resta il luogo ottimale per sfuggire al rischio di interruzione o spionaggio, nonostante siano facilmente danneggiabili.
Si verificano, infatti, più di cento incidenti ogni anno dovuti a questioni ambientali o alla navigazione. Ecco che sono infrastrutture essenziali e quindi critiche. Anche se negli ultimi anni si sta spingendo sempre più la tecnologia wireless, i cavi sottomarini restano la principale fonte per il trasporto delle comunicazioni e dell’energia.
L’alterazione o l’interruzione del loro funzionamento possono provocare gravi conseguenze per lo sviluppo regolare delle attività di base e giornaliere della società.
Cavi sottomarini: un obiettivo già sensibile
È già da qualche anno che i cavi sottomarini sono nel mirino di attacchi, sabotaggi e incidenti.
Ricordiamo le strane perdite dei due gasdotti Nord Stream 1 e 2 di settembre 2022, ricondotte dalle autorità scandinave ad un possibile sabotaggio per mano russa, a cui sono seguiti i danneggiamenti al Cable Shefa-2, cavo sottomarino vicino a Nord Stream che connette diciotto isole di Faroe alla Scozia, passando per le Shetland e le Orcadi, con interruzione di internet sulle isole danesi e scozzesi.
Danneggiati anche qualche tempo dopo i cavi tra Marsiglia e Lione, Barcellona e l’area di Milano e quattro chilometri e mezzo del cavo LoVe Ocean delle Isole Svalbard, isole contese tra Europa e Russia.
Oltre ai danneggiamenti fisici, sono stati registrati anche altri tipi di attacco, favoriti dal periodo di pandemia Covid-19. Dai tempi in cui la Russia, tra 2016 e 2018, attraverso i propri sottomarini, quelli della Main Directorate of Deep-Sea Research, detti GUGI, monitorava i cavi stesi passando dall’Africa, si è passati a protocolli di comunicazione in cui si installano sensori con algoritmi atti a decifrare quello che accade sotto le acque già dalle navi in superficie.
Ancora prima, la Cina ha attuato una strategia simile, intercettando il segnale delle fibre dei cavi con la stessa tecnologia “di superficie”.
Gli stessi USA hanno svolto intercettazioni attraverso i cavi sottomarini con la famosa “Operation Ivy Bells”, grazie ad una speciale cimice posata sul cavo attraverso il quale comunicavano le basi navali sovietiche di Petropavlovsk e Vladivostok, sul mare di Okhotsk.
Il G7 sui cavi sottomarini
La protezione delle infrastrutture sottomarine è sempre più urgente per la situazione geopolitica attuale caratterizzata dal conflitto russo-ucraino e dalle tensioni USA-Cina.
Il G7, composto dai 7 grandi paesi industrializzati, ossia Canada, Francia, Germania, Giappone, Italia, Regno Unito, Stati Uniti, vuole sostenere “le infrastrutture digitali per i paesi emergenti e in via di sviluppo che condividono valori democratici” e il piano d’azione verso “infrastruttura digitale globale libera e aperta” va in tale direzione.
Con il sostegno della Banca mondiale, dell’Unione internazionale delle telecomunicazioni (ITU) e dei grandi operatori privati del settore, si provvederà all’espansione e al controllo delle linee di telecomunicazione sottomarine.
Obiettivo comune è creare alternative alla circolazione dei dati sulle reti internet attuali in modo che non ci sia più una dipendenza da altri paesi. Non è detto che, però l’autonomia dei paesi non comporti una maggiore vulnerabilità dall’altro lato, come insegna il caso di Nord Stream.
Staremo a vedere.
Fonte: Cybersecurity360