TikTok continua a essere sotto accusa. Infatti, dopo lo stop di diversi paesi europei, asiatici e americani, anche il Montana ha espresso la sua preoccupazione, insieme ad altri Stati. Facciamo il punto nel mio articolo per Cybersecurity360
Se in alcuni paesi europei sono stati presi provvedimenti per limitarne i danni, da restrizioni sul suo uso a veri e propri divieti, altri paesi stanno valutando di agire proprio in questi giorni. Dalla Danimarca che è stata la prima a vietare l’uso dell’app in Europa, all’Olanda, che ne ha sconsigliato l’utilizzo al personale governativo, passando al continente asiatico, da Taiwan che ha imposto il divieto sul personale governativo, a India, Iran e Afghanistan che hanno diffuso il divieto a tutta la popolazione indistintamente, mentre Pakistan, Bangladesh, Indonesia, Armenia e Azerbaijan hanno sospeso temporaneamente l’app per controlli su contenuti non graditi ai governi
Negli USA il Canada ha imposto un divieto a TikTok ed è di recente emanazione una nuova legge dello Stato del Montana, a seguito di una serie di restrizioni federali e statali americane sull’app.
Il divieto nel Montana
Il disegno di legge SB 419 del Senato del Montana, di recente emanazione, vieta agli store di applicazioni mobili di mettere a disposizione l’app TikTok per il download, con multe fino a 10.000 dollari per Apple e Google in caso di violazione. Dexter Tiff Roberts, ex capo ufficio Cina e redattore di Asia News presso Bloomberg Businessweek e autore della sua newsletter Trade War, ha specificato che non è stato ancora reso pubblico come il divieto verrà applicato dal governo del Montana, ma si aspetta solo la firma del governatore repubblicano, Greg Gianforte, per rendere il divieto ufficiale.
Il consenso verso il divieto di TikTok è quasi unanime nel Montana in quanto la Costituzione dello Stato indica che “il diritto alla privacy individuale è essenziale per il benessere di una società libera e non può essere violato senza la dimostrazione di un interesse statale impellente”.
A questo si aggiunge la vicenda del pallone aerostatico cinese, avvistato propri sui cieli del Montana qualche mese fa, che ha intensificato le preoccupazioni locali su un possibile spionaggio e sorveglianza da parte del Partito Comunista Cinese.
Inoltre, il disegno di legge evidenzia anche che “TikTok non rimuove, e può addirittura promuovere, contenuti pericolosi che indirizzano i minori a intraprendere attività pericolose, tra cui, ma non solo, lanciare oggetti contro automobili in movimento, cucinare il pollo nel NyQuil, spalmare feci umane sui bambini, leccare le maniglie delle porte e le sedute dei bagni per mettersi a rischio di contrarre il coronavirus”.
La risposta di TikTok, tramite un portavoce, è stata difendere gli utenti e i creatori di contenuti dello stato del Montana: “Continueremo a lottare per gli utenti e i creatori di TikTok del Montana, i cui mezzi di sostentamento e i diritti del Primo Emendamento sono minacciati da questa grave prevaricazione del governo”.
Il motore che sta muovendo la maggior parte dei paesi del mondo a prendere le distanze dall’app social TikTok non è solo la tutela dei dati dei suoi utenti, ma anche un fattore psicologico e comportamentale, che può agire negativamente soprattutto sui più giovani, senza dimenticare l’influenza di possibili campagne di disinformazione del Partito Comunista Cinese.
I provvedimenti nel resto del mondo
A livello globale, al primo posto sicuramente c'è l’India: già nel 2020 ha bloccato TikTok insieme ad altre 58 app cinesi, a seguito di scontri con truppe cinesi sul confine condiviso, in una sorta di ritorsione per l’accaduto.
Anche se TikTok era stato già vietato l’anno precedente per incoraggiamento alla pornografia, motivazione avanzata anche dal Pakistan nel 2011, Iran e Afghanistan, dall’Indonesia nel 2018 e dal Bangladesh nel 2020. In tutti questi Paesi è possibile utilizzare reti private virtuali (VPN) per accedere a TikTok e ad altri servizi bloccati, eccetto in Iran, che ritiene illegale l’uso di una VPN.
I Paesi Five Eyes (i Paesi anglofoni che hanno un accordo di condivisione dell’intelligence: Stati Uniti, Regno Unito, Canada, Australia e Nuova Zelanda) tra febbraio e marzo 2023 hanno potenziato i divieti sul social cinese, con alcune differenze. Infatti, la Nuova Zelanda ha limitato il divieto ai dispositivi parlamentari, l’Australia lo ha esteso a tutti quelli governativi, inclusi quelli dei governi subnazionali. Nel Regno Unito, lo scorso 4 aprile, l’Information Commissioner’s Office (ICO), un ente pubblico non dipartimentale che dipende dal Parlamento, ha multato TikTok per violazione della legge sulla protezione dei bambini per 12,7 milioni di sterline, circa 15,9 milioni di dollari. Le limitazioni all’uso di TikTok arrivano anche oltre i governi. Infatti, a seguito dei casi di giornalisti americani tracciati dalla piattaforma, anche alcuni media, come la BBC e la DR, testata danese, hanno preso provvedimenti per limitarne l’utilizzo sui dispositivi professionali. E così, anche la NATO e università pubbliche, almeno 40 negli Stati Uniti, che l’hanno vietato nel campus.
Di contro, c’è chi ritiene che questo approccio possa danneggiare la ricerca sugli sviluppi culturali ed economici e sui rischi sulla sicurezza, non permettendo agli accademici di accedere a TikTok e alle informazioni utili allo scopo, come Graham Webster, ricercatore dello Stanford University Cyber Policy Center.
L’ombra della Cina
Questi timori e divieti dipendono anche e soprattutto dai legami dell'app con la Cina.
Il Partito Comunista Cinese ha utilizzato le golden share nei rami locali di potenti aziende tecnologiche per ottenere un controllo maggiore sulle società, tra cui anche ByteDance, madre di TikTok. In questo caso, il governo cinese ha acquisito una partecipazione dell’1% in un’entità con sede in Cina, la Beijing ByteDance Technology, nell’aprile 2021.
TikTok Australia è di proprietà di TikTok Ltd, registrata alle Isole Cayman e di proprietà di ByteDance, società di comodo domiciliata alle Isole Cayman, e il governo cinese non possiede azioni nelle entità ByteDance e TikTok con sede alle Isole Cayman.
Per far sì che le imprese cinesi possano ottenere capitali dall’estero e gli investitori stranieri possano accedere alla Cina, le aziende cinesi formano le VIE, entità di interesse variabile, per aggirare il divieto della proprietà straniera, presente in alcuni settori cinesi.
ByteDance, che ha sede a Pechino, ha creato una società di comodo VIE nelle Isole Cayman per ottenere investimenti stranieri. La quota d’oro del governo cinese nella Beijing ByteDance Technology è detenuta dalla WangTouZhongWen (Beijing) Technology, un’azienda di proprietà di tre imprese statali cinesi. Secondo un documento presentato al Senate Select Committee on Foreign Interference through Social Media lo scorso 14 marzo da Rachel Lee, Prudence Luttrell, Matthew Johnson e John Garnaut, ex corrispondente dalla Cina del Sydney Morning Herald e di The Age e consigliere dell’ex primo ministro Malcolm Turnbull, “I maggiori proprietari effettivi di questa quota dell’1% sono la State-owned Assets Supervision and Administration Commission (o SASAC, che supervisiona le imprese statali), China Media Group e la Cyberspace Administration of China”. Grazie all’accordo sulla golden share, il governo ha anche potuto nominare il funzionario del PCC Wu Shugang nel consiglio di amministrazione, composto da tre membri, della Beijing ByteDance Technology.
Ciò che emerge dal documento è che ci sono legami tra TikTok e il PCC e tra TikTok e la sua versione cinese Douyin, figlia anch’essa di ByteDance; che le strutture societarie dimostrano che TikTok è di proprietà di ByteDance, una società della Repubblica Popolare Cinese; che ByteDance è soggetta all’influenza, alla guida e al controllo de facto a cui il PCC sottopone tutte le società tecnologiche cinesi.
Un portavoce ha dichiarato che “La società madre di TikTok, ByteDance Ltd., è stata fondata da imprenditori cinesi, ma oggi circa il 60% della società è di proprietà di investitori istituzionali globali come Carlyle Group, General Atlantic e Susquehanna International Group […] Un altro 20% della società è di proprietà dei dipendenti di ByteDance in tutto il mondo. Il restante 20% è di proprietà del fondatore della società, che è un privato e non fa parte di alcun ente statale o governativo”.
Fonte: Cybersecurity360